“La famiglia funziona quando provvede
alla cornice adeguata per la definizione e
conservazione delle differenze umane”.
(Pichon Riviére)
Oggi, svilupperò questa mia Riflessione-Relazione sulla nozione di emergente nel gruppo familiare, intrecciando e articolando degli interrogativi che emergono dalla pratica clinica operativa quotidiana con alcune nozioni teoriche di base che mi hanno dato la possibilità di “allargare il campo di osservazione” passando da una prospettiva individuale ad un vertice gruppale. Pensiamo alla famiglia come gruppo, non ai singoli individui, cioè alle relazioni e ai vincoli che si costituiscono e si formano tra i diversi componenti la famiglia.
La nozione di emergente ci aiuta a prendere in carico la famiglia, senza definire una patologia enunciata per sempre o una disabilità fissata nel suo quadro psicopatologico. Il nostro compito sarà di lavorare per rompere gli stereotipi che organizzano e determinano abitudini ostinate e vincoli patologici di fronte a situazioni nuove.
Nel nostro schema di riferimento non identifichiamo la MALATTIA o una certa sintomatologia con l’INDIVIDUO, ma esiste un’articolazione e una organizzazione che la sovradetermina e questa va ricercata e scoperta nella storia e nelle vicissitudini dei vincoli familiari.
In Simbiosi e ambiguità Bleger dice che non è esatto affermare che i primi stadi della vita dell’essere umano sono caratterizzati dall’isolamento a partire dal quale il soggetto entrerebbe gradualmente in relazione con gli altri esseri umani. Questa affermazione rappresenta la quintessenza dell’individualismo trasferita al campo scientifico. Nella prefazione all’edizione italiana Bauleo sottolinea che questa posizione di Bleger ci permette non solo di studiare da un’ottica diversa il processo di sviluppo del soggetto e l’evoluzione della patologia, ma anche priva di fondamento l’equazione malato = malattia”.
Infrangere quindi la NOZIONE DI ISOLAMENTO INIZIALE ci permetterà di considerare il paziente come emergente di una struttura più ampia, rompendo così una concezione individualistica nel processo dell’ammalarsi (A. Bauleo).
La nozione di emergente è centrale nella Concezione Operativa di Gruppo e ci da la possibilità di mettere un interrogativo sulla relazione paziente, utente, disabile e il suo gruppo familiare. Tale linea di ricerca si articolerà e si svilupperà su come si configurano i vincoli familiari nella loro organizzazione o disorganizzazione nel contesto della vita quotidiana.
Questa linea di ricerca su come si sviluppano,si inibiscono o si attaccano i vincoli familiari ci amplia il campo di osservazione su come la struttura familiare ha prodotto un certo tipo di emergente o sintomo che viene depositato sul paziente, per il quale generalmente viene formulata qualsiasi richiesta di orientamento di prevenzione o terapeutica-riabilitativa o assistenziale. Per meglio comprendere i meccanismi che producono l’emergente riprendiamo la teoria delle tre “D”di Pichon Riviere: depositario, depositante e deposito. (Il Processo Gruppale).
Considerare il PAZIENTE come EMERGENTE del gruppo familiare, ci permette di analizzare, come operatori-osservatori, l’INTERCROCIO tra la storia personale del paziente, la sua individualità, gli aspetti affettivi, le identificazioni inconsce e i suoi deficit; questi aspetti vengono nominati VERTICALITÀ e la ORIZZONTALITÀ del gruppo familiare cioè la storia, i miti incluso quello di origine che è uno degli organizzatori familiari centrali, i segreti, i fantasmi inconsci gruppali e le complicità.
Per osservare come si configurano questo incrocio tra verticalità e orizzontalità lo si deve osservare attraverso uno schema di riferimento di base triangolare: GRUPPO-COORDINAZIONE-COMPITO, questo è lo schema minimo entro cui collochiamo la nostra comprensione sui disturbi della comunicazione, sull’insorgere dei sintomi e sulle disfunzioni familiari. All’interno di questo inquadramento triangolare osserveremo il movimento latente della struttura familiare che produce un certo tipo di emergente.
Quando consideriamo il paziente come emergente questo ci segnale una situazione non chiara, latente della struttura familiare che lo ha prodotto ma nello stesso tempo nel processo gruppale (tra una seduta e l’altra) l’emergente può essere una parola, un’azione, un gesto, un silenzio, un lapsus, un atto mancato che insorgono su un piano più manifesto, la punta di un iceberg che emerge da un magma e che ci svela quelle parti latenti che sono impensate, ma agite e che emergendo permettono all’operatore di costruire una linea di interpretazione e di significazione da restituire alla comprensione del gruppo familiare. Intendo dire che è necessario creare uno spazio di pensiero per realizzare un altro grado di coscienza, trasformando l’impensato in un atto di pensiero, dando una fluidità alla dinamica familiare diversa da quella cristallizzata che ha prodotto la situazione disfunzionale.
La nozione di emergente diventa operativa quando consideriamo la famiglia all’interno di una concezione teorica sui gruppi.
La FAMIGLIA è un gruppo umano “pre-formato” inserito in un sistema di norme e regole che a seconda del momento storico e sociale mutano e sono legate al contesto culturale e geografico di appartenenza.
I componenti sono legati tra loro da vincoli affettivi libidici e hanno compiti di natura procreativa, di sostentamento, economici e di socializzazione, sia su un piano manifesto che su un piano latente.
Comprenderemo gli ASPETTI LATENTI, analizzando le diverse vicissitudini, le costruzioni e de-costruzioni dei vincoli che i singoli individui svilupperanno attraverso identificazioni, idee, rappresentazione e fantasmi che ognuno ha di sé in relazione agli altri membri del gruppo familiare. Questi elementi costruiranno una RETE IMMAGINARIA GRUPPALE, “mutue rappresentazioni interne” le definiva Pichon Riviere che sono diverse per ognuno e che Freud definiva “romanzo familiare”.
Quando dobbiamo comprendere come si formano queste relazioni e questi vincoli tra due e più persone, per noi non ha senso, quando lavoriamo con il gruppo familiare, prendere il padre o la madre individualmente, ma dobbiamo vedere, osservare e analizzare come si sono costruiti i vincoli tra di loro. Per esempio sappiamo che la storia di un bambino non inizia nel momento in cui viene al mondo ma prima della nascita si scatenano desideri e fantasie del “posto” che gli verrà assegnato. I giochi fantasmatici non sono solo della coppia genitoriale ma anche dei genitori del padre, dei genitori della madre e di tutta la discendenza e il lignaggio che prepara il clima emotivo-affettivo e immaginario in cui il bambino verrà accolto.
Quando un gruppo familiare non sa assumere nel passare del tempo configurazioni, compiti e funzioni diverse, a seconda del momento che sta vivendo, come per esempio, far fronte alle crisi della vita, che evidenziano come, di fronte ad una situazione che muta bisognerebbe elaborarne le “perdite”, le paure o i conflitti tra dipendenza e indipendenza. Nel momento in cui prevalgono le resistenze al cambiamento il grado di dinamica familiare nell’assunzione e aggiudicazione dei ruoli familiari sarà rigida, fissa, e l’ansietà sarà depositata in quel soggetto che ci segnalerà l’emergente del gruppo. Inoltre verranno utilizzati dal gruppo familiare meccanismi di difesa “umanamente” poveri e stereotipati. L’operatore, di fronte a queste situazioni resistenziali deve offrire un contenitore adeguato, dare uno spazio e un tempo per produrre delle modificazioni e delle rotture di questi meccanismi difensivi incistati, al fine di permettere al gruppo stesso di ripensare ed rielaborare da un altro punto di vista il loro compito e la loro organizzazione familiare quotidiana.
Quando lavoriamo con la nozione di emergente, nella presa in carico del gruppo-famiglia l’osservazione e la rotta interpretativa devono focalizzarsi su come si organizzano e si disorganizzano le relazioni, le comunicazioni, individuando gli stereotipi che imprigionano pensieri, azioni e i sentimenti che irrigidiscono i processi di assunzione e aggiudicazione dei ruoli e gli effetti di queste relazioni.
Nel nostro schema di riferimento operativo, teniamo presenti alcuni indicatori che ci segnalano i livelli di coscienza che il gruppo familiare ha, quando arriva alla nostra consultazione: il livello di conflitto che i diversi membri del gruppo familiare ci portano o il meccanismo di deposito che attuano su un singolo componente.
Per osservare l’emergente i criteri di osservazione del gruppo familiare devono sempre essere riferiti di fronte al cambiamento e alle ansietà che vengono mobilizzate per il cambiamento verso stimoli e situazioni nuove (Pichon Riviére).
Criteri di Osservazione
Chi viene al colloquio;
- chi si presenta e come si presenta;
- il PERCHÉ della richiesta-domanda (sia essa di orientamento, di prevenzione terapeutica, riabilitativa o di inserimento in una struttura diurna o residenziale);
- come occupano lo spazio: si dispongono nello spazio con posizioni fisse (es tante fam. si siedono sempre allo stesso posto);
- cosa intendono i diversi componenti per famiglia: ognuno ha un’idea di famiglia che non corrisponde con l’altro (es. fratello e sorella avranno idee diverse sui genitori o su determinati episodi e questo dipenderà dal processo interno che ognuno avrà sviluppato);
- qual è il tipo di clima emotivo che si respira nei rapporti familiari;
- in che momento sono apparsi i sintomi e si sono irrigiditi i ruoli e i comportamenti, se vi è un grado di accettazione e di rifiuto dei processi affettivi e il loro grado di negazione, su quale membro viene depositata e assunta l’ansietà, con chi viene maggiormente giocata l’affettività, la razionalità e come vengono giocate le diverse leadership della crescita o della resistenza nell’organizzazione familiare.
Per esempio tante volte i genitori ci chiedono perché devono venire anche loro quando i problemi li ha il figlio, anche se, quando arrivano da noi, tutti i meccanismi di cambiamento che hanno messo in atto, sono falliti, e i loro risultati si sono verificati inefficaci, impedendo un “ADATTAMENTO ATTIVO ALLA REALTÀ” perché di fatto non hanno potuto raggiungere un livello di trasformazione e cambiamento di se stessi che avrebbe portato ad una modifica del gruppo familiare e più in generale del contesto di appartenenza.
Compito del gruppo familiare dovrebbe essere quello di portare il soggetto alla individuazione e separazione, attraverso l’elaborazione delle differenze generazionali dei componenti il gruppo familiare; differenze che sono sessuali, di compiti e delle funzioni che vengono svolte. Sostenere e promuovere le differenze vuol dire a mio avviso, al di là della patologia o al di qua della disabilità, arrivare ad elaborare gli aspetti più simbiotici dei vincoli familiari più fusionali, cioè significa agire verso l’elaborazione e lo sviluppo degli aspetti più discriminati tra l’Io e l’Altro, per attivare quel processo di differenziazione e di sviluppo dell’identità-appartenenza degli individui.
Soltanto attraverso la differenziazione ci può essere il dialogo che favorisce una comunicazione meno stereotipata e legami più liberi dai pregiudizi.