Risposta: mi sono sembrati due giorni veramente intensivi, gli argomenti avrebbero potuto essere affrontati in un seminario di una settimana perché i temi che si sono trattati sono molto interessanti: dal problema di quello che si fa nell'attenzione e assistenza del paziente si passa direttamente a come sono organizzati i servizi. Si è fatto tutto un percorso tra il soggetto sofferente e l'istituzione che lo accoglie, organizzata per confrontarsi con quel tipo di sofferenza. La cosa interessante di cui si è parlato questa mattina è che non soltanto si parlava della sofferenza in se stessa ma si è introdotto l'interessante discorso della prevenzione. La prevenzione in psichiatria è sempre stata difficile perché in psichiatria la prevenzione osserva la qualità della vita, come è la comunicazione, quali sono i contesti, come è il livello economico della gente. Per tutto questo insieme di elementi e per la quantità di determinati e di causalità esterne è difficile fare prevenzione, non è che non ci sia.
Per questi motivi questo convegno è interessante perché sono cose che dobbiamo continuare a ripetere non soltanto nei Servizi ma anche all'università dove i professori devono fare un riciclaggio di loro stessi, devono continuare ad aggiornarsi perché non è detto che sappiano per sempre queste cose.
Domanda: Secondo lei ci sono le risorse e le possibilità di combattere questa cronicità, sulla base di quello che abbiamo sentito in questi giorni?
Risposta: Qua in Italia più che in qualsiasi altro posto. Gli strumenti ci sono, ma la gente non li sa utilizzare. Io ho lavorato al SSM con persone molto formate, in psicoanalisi, teoria sistemica, una serie di tecniche e teorie, ma non le utilizzavano dentro al Servizio. C'è la teoria ma non c'è l'utilizzazione pratica di queste conoscenze. Il grosso problema è di come circola questa informazione e questo apprendimento. Veramente in questo momento entro in conflitto con la realtà che vedo perché questo paese è ricco di risorse ma chi vuole tornare all'elettroshock e al manicomio non ha capito niente. Questo paese ha gente molto capace ma non la sa utilizzare come dovrebbe. Tenete conto che io lavoro in Italia dagli anni '70 e conosco la realtà. Il problema principale penso sia che si continua sempre con la stesso tipo di idea, non si può utilizzare sempre le stesse conoscenze senza attualizzarle. Certe definizioni di Kraepelin sono brillanti, ma adesso dobbiamo inserirle in un altro livello.
(Intervista tratta dal sito: www.psychiatryonline.it Non è riportata né la data dell'intervista e né l'intervistatore)